La crisi di Volkswagen sta portando un acceso confronto tra gli stakeholder, la famiglia Porsche, che detiene la maggioranza del Gruppo, sta spingendo per la chiusura di alcuni stabilimenti tedeschi, ritenendo la scelta una misura necessaria per mantenere la competitività. Questa posizione si scontra frontalmente con l’opposizione dei sindacati e di altri membri del consiglio.
Le difficoltà della casa automobilistica derivano da un calo delle vendite in Europa e Cina, aggravato dall'aumento della concorrenza cinese nel settore dei veicoli elettrici, la proposta del marchio è quella di chiudere almeno 3 stabilimenti, ridurre gli stipendi del 10% e licenziare un numero consistente di lavoratori.
Porsche teme che l'assenza di misure incisive possa mettere a rischio i dividendi, la possibile svalutazione della quota in Volkswagen potrebbe arrivare fino a 20 miliardi di Euro, riducendo il valore del 40%.
I sindacati guidati dal consiglio di fabbrica di Volkswagen hanno promesso che nessun impianto tedesco sarà chiuso e hanno avviato scioperi senza precedenti, coinvolgendo oltre 100.000 lavoratori. Le trattative tra le parti, già al quinto round, rimangono tese e senza un accordo in vista. Nel frattempo la questione ha assunto una connotazione politica. In vista delle elezioni anticipate in Germania, diversi leader politici si sono schierati contro la chiusura delle fabbriche.
Oltre alla pressione interna Volkswagen deve affrontare una competizione crescente sul mercato internazionale, in particolare a parte dei produttori cinesi. L'introduzione di dazi europei sulle importazioni potrebbe offrire un sollievo temporaneo, ma il marchio tedesco è chiamato a una revisione strategica.
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