Crescono le tensioni nei porti della costa orientale e del Golfo degli Stati Uniti mentre si avvicina la scadenza del contratto tra il sindacato International Longshoremen's Association (Ila) e l’associazione delle imprese portuali Us Maritime Alliance (Usmx), fissata al 15 gennaio 2025. La principale causa di disaccordo rimane l'introduzione di tecnologie di automazione, un tema che rischia di scatenare nuovi scioperi e di mettere sotto pressione la catena di approvvigionamento americana.
L'Usmx sostiene che l'utilizzo di gru semi-automatizzate migliorerebbe l'efficienza senza eliminare posti di lavoro, un approccio già adottato con successo in alcuni porti. Tuttavia l'Ila considera queste tecnologie una minaccia diretta per l'occupazione. Seconda il presidente del sindacato, Harold Daggett, sostiene che la lotta contro l'automazione sia una battaglia per la sopravvivenza della forza lavoro.
A peggiorare la situazione è la mancanza di spazio per espandere fisicamente i porti. L’automazione è vista dalle imprese come l’unica soluzione per aumentare la capacità operativa, ma il sindacato teme che ciò comprometta la sicurezza dei lavoratori e li esponga al rischio di cyberattacchi.
La minaccia di scioperi e i possibili nuovi dazi commerciali annunciati dal presidente eletto Donald Trump, che entreranno dopo il suo insediamento il 20 gennaio, stanno già causando ripercussioni economiche. La National Retail Federation (Nrf) e altre 267 associazioni commerciali hanno lanciato appelli affinché le parti tornino al tavolo delle trattative, evidenziando come l'incertezza creata dai blocchi di ottobre abbia causato settimane di disagi nella supply chain.
A ottobre 2024, i porti statunitensi hanno movimentato 2,25 milioni di teu (+9,3% rispetto al 2023), e le stime per gennaio 2025 prevedono un incremento del 12%. Molti importatori stanno anticipando i carichi per evitare ritardi legati a possibili scioperi o nuove tariffe.