Le reazioni globali non si sono fatte attendere. La decisione della Commissione europea di aumentare dal 4 luglio i dazi (fra il 7,4% ed il 38,1%) sulle auto elettriche prodotte in Cina ha alimentato le tensione internazionali. La misura dovrà essere confermata dal Consiglio europeo, ma gli Stati membri non sono in totale accordo, mentre Pechino annuncia nuove strategie di difesa della propria industria automotive.
"Il nostro obiettivo non è chiudere il mercato europeo ai veicoli elettrici cinesi, ma garantire che la concorrenza sia leale. Non abbiamo avuto altra scelta se non quella di agire di fronte all'impennata delle importazioni di veicoli elettrici a batteria fortemente sovvenzionati" dalla Cina, ha spiegato il vicepresidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, che detiene la delega al commercio.
Dura la reazione di Pechino, secondo cui l'Unione europea "ha ignorato il fatto oggettivo che i vantaggi della Cina nei veicoli elettrici derivano dalla concorrenza aperta", mentre Bruxelles "tiene alta la bandiera dello sviluppo verde con una mano e brandisce il bastone del protezionismo con l'altra, politicizzando e trasformando in armi le questioni economiche e commerciali". Perciò la Cina "adotterà risolutamente tutte le misure necessarie per difendere con fermezza i diritti e gli interessi legittimi delle aziende cinesi".
Dal canto suo il ministro delle Imprese e del Made in Italy (Mimit), Adolfo Urso, ha fatto sapere di avere accolto "con soddisfazione" l'annuncio "per tutelare la produzione europea", puntando a "riaffermare in Italia l'industria automobilistica nazionale, uno dei settori trainanti dello sviluppo industriale del nostro Paese a cui non vogliamo assolutamente rinunciare".
Tuttavia, in Europa ci sono voci discordanti. Si è dichiarato contrario il ministro dei trasporti tedesco, Volker Wissing: "I veicoli devono diventare più economici attraverso una maggiore concorrenza, mercati aperti e condizioni di localizzazione significativamente migliori nell'Unione europea, non attraverso guerre commerciali e preclusioni di mercato", ha scritto sui social network. Berlino, insomma, auspica "una soluzione amichevole" e l'apertura di un tavolo di confronto con Pechino.
Sull'argomento vedi anche la notizia pubblicata da Mobilità.news.