Sono passati 20 anni dalla strage terroristica in una stazione ferroviaria spagnola. Un totale di 10 bombe provocarono 193 vittime di 17 nazionalità e 1856 feriti. Si trattava del primo attacco di massa condotto da un gruppo jihadista in Europa. Un'azione preparata a soli tre giorni dalle elezioni. L'allora governo puntò il dito contro i secessionisti baschi dell'Eta, ma diverse ore dopo venne a galla la verità.
"Sono passati 20 anni dall'undici marzo: il più grande atto terrorista d'Europa, la più grande infamia, la più grande bugia di un dirigente politico: José María Aznar", ha dichiarato il premier spagnolo Pedro Sanchez, ricordando la strage. L'allora direttore del giornale "Abc", José Antonio Zazalejo, ricorda: "Le stragi islamiche furono il costo che la Spagna pagava per l'alleanza di Aznar con George Bush nell'invasione dell'Iraq, un'avventura cui si era opposta in massa l'opinione pubblica. Il governo intensificò i messaggi Eta orientati per evitare l'impatto nelle urne".
Era l'11 marzo 2004, le ore 7:37 del mattino, un giovedì. Tre esplosioni squarciarono un treno di pendolari che stava arrivando nella stazione di Atocha, a Madrid. Nei tre minuti successivi altri sette ordigni esplosero a bordo di tre convogli regionali: nelle stazioni di El Pozo, di Santa Eugenia e di Calle Tellez. Il bilancio poteva essere anche più grave: gli artificieri individuarono e disinnescarono altri due ordigni ritrovati in due zaini, ed un terzo collegato ad un cellulare, recuperato nella città di Leganes, a sud della capitale.
Il pomeriggio dell'11 marzo gli investigatori trovarono un furgone rubato ad Alcalà: a bordo c'erano sette detonatori, un nastro di versetti del Corano, una rivendicazione della brigata Abu Hafs al-Masri per conto di Al Qaeda. Il 13 marzo cominciarono gli arresti che avrebbero portato alla disarticolazione della cellula jihadista: tre marocchini e due indiani. Il 14 marzo, durante le indagini, fu ritrovata dalla polizia una videocassetta con la rivendicazione di un portavoce di Al Qaeda.