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Eni nel mirino degli ambientalisti

Avviata causa climatica in Italia, proteste anche nel Regno Unito

La società petrolifera ed energetica italiana Eni è al centro di un contenzioso giudiziario per le sue presunte responsabilità nell’accrescimento della crisi climatica. Eppure, il governo del Regno Unito sosterrà con fondi pubblici il progetto della multinazionale per lo stoccaggio della Co2 nei giacimenti sottomarini quasi esausti davanti alla città di Liverpool. Stessa iniziativa a Ravenna. Ma in Italia come in Gran Bretagna gli attivisti mostrano i limiti dell’iniziativa.

"Riteniamo che l’Eni abbia contribuito al riscaldamento globale in una prospettiva storica, fin dalla sua fondazione nel 1953. Abbiamo portato al giudice le evidenze che l’azienda è responsabile di quasi lo 0,6% del totale complessivo globale di emissioni. Le dodici cittadine e cittadini italiani che partecipano alla causa abitano in zone molto colpite dai cambiamenti climatici, o convivono con la costante minaccia di danni ai loro parenti, ai loro territori, alla loro salute", spiega Antonio Tricarico, dell’associazione ReCommon, intervistato da "Terzogiornale". 

Gli ambientalisti di ReCommon e di Greenpeace Italia, insieme a 12 privati cittadini, hanno lanciato un’azione legale contro Eni. Il 16 febbraio scorso c’è stata la prima udienza della, nella quale si chiede che l’Eni limiti le sue emissioni del 45%, come previsto dall’accordo di Parigi sul clima. 

Si tratta, aggiunge Tricarico, di "una Giusta Causa, una Climate Ligation, una causa climatica in sede civile, che segue, nella sua architettura giuridica, altri casi intentati per motivi legati all’ambiente in tutto il mondo. Noi ci appelliamo all’articolo 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (Cedu), che si intreccia con due articoli molto importanti della Costituzione italiana: l’articolo 9 e l’articolo 41. Essendo una causa civile, inoltre, ci appelliamo all’articolo 2043 relativo alla responsabilità extracontrattuale, ed agli articoli 2050 e 2051 del Codice civile, sulla gestione delle attività pericolose e le responsabilità per i beni in custodia".

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