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GdF Ancona. Frode fiscale internazionale e riciclaggio: nove misure cautelari

Sequestri per oltre 116 milioni di Euro (auto di lusso ed altro)

Complessivamente per le attività sono stati impiegati 250 finanzieri, 80 autovetture, un elicottero, 4 unità cinofile cash-dog ed apparecchiature scanner per la ricerca di intercapedini

Dalle prime ore del mattino, i finanzieri del Comando provinciale della Guardia di Finanza di Ancona, su delega dell’European Public Prosecutor’s Office (Eppo) sedi di Milano e Bologna hanno dato esecuzione, nelle regioni Marche, Emilia Romagna, Puglia, Veneto, Toscana, Lombardia, Abruzzo, Campania, Piemonte e Lazio, ad un’ordinanza applicativa di misure cautelari personali e reali nei confronti di 33 soggetti, emessa dal Gip presso il Tribunale di Macerata. Il provvedimento, eseguito dal Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Ancona con la collaborazione dei reparti del Corpo competenti per territorio, colpisce principalmente i componenti di un’associazione per delinquere di matrice sinica operante in Italia ed in Europa. Oltre alla custodia in carcere per i due soggetti promotori, sono stati disposti gli arresti domiciliari (con braccialetto elettronico) per cinque associati e l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria nei confronti di altri due appartenenti al sodalizio. Sono stati inoltre sottoposti a sequestro beni e disponibilità finanziarie per più di € 116 milioni.

La misura giunge all’esito di una complessa attività investigativa, la cui fase iniziale è stata sviluppata dai finanzieri appartenenti al Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Milano impiegati presso la sede di Milano della procura europea, che ha consentito di individuare un articolato schema di frode fiscale internazionale, realizzata attraverso numerose imprese in realtà inesistenti (missing trader) che avevano importato dalla Cina centinaia di container, contenenti principalmente abbigliamento e accessori, transitati dalla Grecia ed immessi in consumo in Italia dopo una serie di triangolazioni con svariate società “fantasma” italiane, bulgare e greche in evasione dell’Iva e dei dazi doganali, sottraendo a tassazione più di € 500 milioni. La liquidità illecita accumulata veniva poi “ripulita” mediante un sofisticato sistema di riciclaggio, realizzato dall’associazione per delinquere di matrice cinese mediante l’utilizzo di una Chinese Underground Bank dotata di veri e propri sportelli bancari abusivi e occulti, situati in Civitanova Marche e Corridonia. Presso i tre sportelli bancari, celati all’interno di una villa, di un’agenzia viaggi e di un Cash&Carry, l’organizzazione cinese si occupava di raccogliere denaro da riciclare e di stoccarlo, per poi consegnarlo ai clienti che ne avevano preventivamente ordinato il prelievo. Per garantire la massima velocità e riservatezza delle operazioni, l’organizzazione inoltre aveva fornito gli uffici dell’agenzia viaggi di una macchina conta soldi ed aveva la disponibilità di un adiacente caveau, ove procedere alle successive operazioni di stoccaggio delle banconote. Il denaro contante poi veniva ritirato direttamente agli sportelli o inviato in diverse regioni d’Italia mediante“ corrieri” ovvero trasferito all’estero tramite “conti virtuali” con destinazione finale la Cina. I clienti, a fronte del prelievo del denaro contante, procedevano ad effettuare bonifici su conti correnti nazionali ed esteri riconducibili ai componenti dell’associazione criminale che, per tale servizio, trattenevano una percentuale sulle somme movimentate.

Le indagini svolte hanno permesso di individuare un sistema di trasferimento verso l’estero dei fondi illeciti che– attraverso società fittizie, fatture per operazioni inesistenti e triangolazioni europee – ha cercato di aggirare i presìdi antiriciclaggio, facendo transitare il denaro in molti Stati (tra cui Grecia, Bulgaria, Francia, Spagna, Germania, Estonia, Danimarca, Irlanda e Gran Bretagna) prima di inviarlo in Cina e, in parte, farlo tornare anche in Italia.

Le rilevanti provviste bancarie – “ripulite” e fatte rientrare in Italia – sono state poi investite dagli indagati sul territorio nazionale. L’attività delle "Fiamme Gialle" del Gico del capoluogo dorico ha posto sotto la lente d’ingrandimento centinaia di negozi giuridici e trascrizioni immobiliari, permettendo di accertare la disponibilità in capo agli indagati di numerosi immobili e attività commerciali in diversi comuni delle Marche. Sono stati così apposti i sigilli su 9 unità immobiliari, cinque attività di ristorazione, conti correnti ed autovetture di lusso nella disponibilità degli indagati (Porsche, Audi e Mercedes). In particolare, è stata sequestrata una cittadella commerciale a Civitanova Marche, all’interno della quale insistono vari punti vendita al dettaglio e all’ingrosso gestiti da soggetti di etnia cinese. Il sequestro dei beni – formalmente intestati a soggetti prestanome e a società apparentemente terze, ma di fatto nella disponibilità degli indagati – giunge all’esito della scrupolosa analisi investigativa di numerosi conti correnti nazionali ed esteri, realizzata anche grazie alla tempestiva acquisizione documentale garantita dall’egida della procura europea con la conseguente attivazione, mediante gli omologhi uffici Eppo competenti, degli organi collaterali di Grecia (General Directorate of Financial and Economic Crime Unit), Germania (Landeskriminalamt – Hesse State Police) e Bulgaria (National Revenue Agency). 

Complessivamente, per le attività odierne sono stati impiegati 250 finanzieri, 80 autovetture, un elicottero, 4 unità cinofile cash-dog ed apparecchiature scanner per la ricerca di intercapedini. Si rappresenta che, per il principio della presunzione di innocenza, la colpevolezza delle persone sottoposte ad indagine in relazione alla vicenda sarà definitivamente accertata solo ove intervenga sentenza irrevocabile di condanna.

L’attività odierna conferma l’impegno della Guardia di Finanza a contrasto dell’evasione fiscale, che costituisce un grave ostacolo allo sviluppo economico perché distorce la concorrenza, e delle diverse forme di riciclaggio che inquinano l’economia legale.

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