I camionisti spesso muoiono in solitudine, vittime dello stress che li logora e li consuma. Perdono la vita all’interno delle cabine dei loro camion ed, in alcuni casi, vengono ritrovati anche a distanza di giorni perché l’autista è di fatto un lavoratore che opera in solitudine su un mezzo che non è dotato di alcun dispositivo di sicurezza. Se l’autista ha un malore a bordo, il mezzo non è predisposto per la segnalazione ed il peggio avviene nel totale silenzio della solitudine. “Per questi lavoratori impegnati per parecchie ore di giorno e di notte, che operano in solitudine e sono sottoposti ad un lavoro molto stressante, crediamo che non sia più rinviabile l’introduzione di dispositivi Man Down -uomo a terra- predisposti per inviare un segnale di aiuto all’azienda o a una centrale operativa dedicata. Parliamo di dispositivi capaci di individuare immediatamente il luogo dove si trova l’autista -spiegano Marco Gallo e Leonardo Cafuoti Filt Cgil, Mirko Filippi e Pietro Cesarano Fit Cisl, Giovanni Ciaccio e Simone Angius Uiltrasporti-. Non sempre la programmazione dei viaggi permette agli autisti di sostare in luoghi sorvegliati e popolati, per questo anche un eventuale segnale luminoso, un Sos, potrebbe salvare loro la vita”.
Il datore di lavoro deve garantire la salute e la sicurezza dei propri dipendenti, quindi il lavoratore deve essere messo in condizione di ricevere la dovuta assistenza in caso di malori improvvisi, anche quando il camionista non è nei pressi di uno stabilimento o di un luogo di scarico o carico delle merci.