Per abbattere i volumi di emissioni di gas nocivi in atmosfera il treno è da preferire all'aereo ed agli autoveicoli. Lo ha confermato di recente uno studio dell'International Energy Agency (Iea), secondo cui l'alta velocità ferroviaria è 12 volte più sostenibile di un volo e 18 volte rispetto alle auto di grandi dimensioni. È il frutto dell'analisi sull'efficienza energetica, misurata in tonnellate di petrolio necessarie per mobilitare un milione di passeggeri a chilometro.
In Italia i trasporti sono responsabili del 25,2% della produzione di gas serra e del 30,7% di Co2. Sul totale, il 92,6% delle emissioni nocive deriva dal trasporto stradale di passeggeri e merci, mentre appena lo 0,1% è imputabile alle ferrovie (in calo del -78% dal 2019 ad oggi). Questo perché nella penisola ci sono 672 auto ogni 1000 abitanti: quasi il +30% rispetto a Francia, Germania e Spagna.
Che fare allora? Per raggiungere gli obiettivi fissati dal pacchetto "Fit for 55" (entro il 2030 tagliare -55% gas e -100% entro il 2050) non occorre distruggere l'industria delle auto a diesel e benzina, quanto piuttosto scommettere sulle strade ferrate: oggi per esempio l'88% delle merci viaggia ancora su strada e solo il 3% su rotaia (il 9% via mare). Per invertire la rotta, secondo Legambiente, andrebbero destinati "2 miliardi di Euro all'anno fino al 2030, recuperabili dal bilancio dello Stato all'interno del vasto elenco di sussidi alle fonti fossili", per modernizzare treni, infrastrutture e moltiplicare le rotte.
In Italia ci sono oggi 740 chilometri di ferrovie suburbane, contro i 2038 della Germania, i 1817 del Regno Unito ed i 1443 della Spagna. II Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) assegna allo sviluppo delle tratte ferrate 24,3 miliardi di Euro, dei quali 23,86 stanziati a favore della società Rete ferroviaria italiana (Rfi), del Gruppo Ferrovie dello Stato. Insomma, i soldi ci sono. La strada è tracciata. Occorre adesso una solida volontà politica.