La transizione verso la mobilità elettrica in Europa è un tema centrale e sempre più controverso, con diverse scadenze e obiettivi che coinvolgono Paesi, istituzioni e l'industria automobilistica. Il blocco della vendita di veicoli con motori a combustione interna è fissato per il 2035, ma ci sono spinte per rivedere i termini di questo obiettivo in un contesto economico e sociale complesso. Da una parte ci sono paesi come la Germania e l’Italia che chiedono margini di flessibilità, dall’altra associazioni ambientaliste e attivisti che ritengono inadeguato ogni rinvio per il bene del clima.
Il ministro dei trasporti ceco, Martin Kupka, ha recentemente espresso preoccupazione per l’impatto che la normativa avrà sull’industria automobilistica del Paese, che rappresenta circa il 9% del pil ceco. Il calo dell’interesse per le auto elettriche, unito alla difficoltà di ridurre le emissioni a 94 grammi/km per le nuove vendite nel 2025, ha portato il Paese a chiedere una revisione della scadenza del 2035, spingendo per una revisione anticipata nel 2026. La Germania, supportata da case automobilistiche come Porsche, ha ottenuto una deroga che permette l’uso di e-fuel (carburanti sintetici) anche dopo il 2035. Questo compromesso è visto come un modo per sostenere la transizione dell’industria senza abbandonare completamente i motori a combustione. Nel frattempo il Regno Unito ha rinviato al 2035 il proprio divieto per veicoli a combustione, aumentando la pressione su Bruxelles e sugli stati membri per una maggiore flessibilità. Attivisti e associazioni ambientaliste ritengono essenziale mantenere il divieto al 2035 e addirittura anticiparlo al 2028 per accelerare la lotta contro il cambiamento climatico. L’adozione di queste misure ambiziose però è ostacolata dalla resistenza di alcuni stati membri e dai timori per l’impatto sull’occupazione, soprattutto in nazioni dove la produzione automobilistica è centrale per l’economia, come la Slovacchia e l’Italia.
Mentre la normativa dell’Ue per il 2035 resta in vigore, il dibattito evidenzia una complessa contrapposizione tra esigenze ambientali, interessi industriali e stabilità economica. Se da un lato i paesi europei e le case automobilistiche puntano a mantenere la competitività e l’occupazione, dall’altro rimane pressante l’urgenza di misure concrete per ridurre l’inquinamento e combattere il cambiamento climatico.