I sindacati dei benzinai confermano lo sciopero del 25 e 26 gennaio. In cambio della revoca chiedono al Governo Meloni la riscrittura del decreto Trasparenza, considerato restrittivo per i gestori delle stazioni di rifornimento carburanti. Misure che i rappresentanti dei benzinai interpretano come un dito puntato contro la categoria. Intanto, la Guardia di Finanza ha segnalato illeciti in oltre 1000 stazioni di servizio.
È una situazione "ridicola. Il governo ha riconosciuto la correttezza della stragrande maggioranza delle stazioni di servizio, ma, nello stesso tempo, scatena finanzieri e Antitrust nella caccia all'abuso", sostiene il presidente di Fegica (Federazione gestori impianti carburanti e affini) Roberto Di Vincenzo.
Gli fa eco il presidente di Figisc (Federazione impianti stradali carburanti), Bruno Bearzi, che bolla il decreto Trasparenza del governo Meloni come "pasticciato", perché "l'esposizione del prezzo medio che il decreto impone rischia di confondere gli automobilisti", inoltre sono "sproporzionate le sanzioni a danno delle stazioni di servizio che non rispettano i nuovi obblighi" (multe da 6000 Euro), così come "inaccettabili" sono le ammende (sospensione dell'attività fino a 90 giorni).
Intanto, su segnalazione della Guardia di Finanza, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm), che tutela i diritti del consumatore, ha messo ora sotto accusa le società petrolifere Eni, Esso, Italiana Petroli, Kuwait e Tamoil per la mancata vigilanza sui possibili abusi ai distributori. Gli agenti delle "Fiamme Gialle", infatti, facendo rifornimento in borghese, hanno accertato che il prezzo esposto nel tabellone non corrispondeva a quello pagato dall'automobilista, mentre altre volte i prezzi nemmeno erano esposti.